Dopo due anni contraddistinti da grande volatilità, l’invasione russa in Ucraina ha definitivamente portato il mercato delle materie prime agricole in un territorio fino ad oggi inesplorato.
Se nel 2020, i mercati avevano già mostrato le prime avvisaglie di un potenziale squilibrio del commercio internazionale a causa dei dazi americani, della crisi pandemica e di condizioni meteo avverse nei Paesi produttori, provocando tensioni ed aumenti nei prezzi, questi fenomeni sono stati ulteriormente amplificati dalla crisi geopolitica in atto.
Di questa situazione e delle prospettive che si aprono per il settore degli oli vegetali alimentari ha parlato nei giorni scorsi anche Enrico Zavaglia, Trading Manager Oilseed Dept di Ceral Docks Group, in occasione di un interessante incontro tenutosi a Perugia e organizzato da Corteva/Pioneer.
“Il conflitto in Ucraina ha creato ulteriori aumenti a causa della quasi totale interruzione del traffico dei porti sul Mar Nero – ha spiegato nel corso della sua relazione Zavaglia –. Un problema molto significativo perché Russia e Ucraina rappresentano il 16% delle esortazioni globali di mais e il 18% di quelle di orzo, oltre a fornire poco meno del 30% del raccolto mondiale di grano, ma soprattutto perché i principali compratori di queste materie prime sono i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo e in particolare: Italia, Spagna, Portogallo, Grecia e Nord Africa”.
La situazione più difficile interessa l’olio di girasole, uno dei quattro principali oli commestibili a livello globale insieme a palma, soia e colza. Pur essendo il mercato più piccolo dei 4, la mancanza di prodotto ucraino ha determinato un aumento della domanda degli altri 3 per sostituire le quote mancanti. Le alternative più comuni all’olio di girasole registravano inoltre problemi di approvvigionamento già prima dello scoppio della guerra: ad esempio per l’olio di palma forti stress ambientali, carenza di manodopera in Malesia e una serie di limitazioni all’export dell’Indonesia nel tentativo di controllare i prezzi interni ed assicurare il consumo interno.
Non migliori i dati dell’olio di colza che già a fine estate aveva preso 3/400 dollari di premio sull’olio di soia e girasole a causa della limitata produzione sia in Canada che in Europa. Infine, anche l’olio di soia ha riscontrato problemi in Sud America: rispetto alle aspettative di fine anno sono state infatti tagliate 20 milioni di tonnellate di raccolto in Brasile e 10 in Argentina.
“Questa situazione non determina problemi solo per il mercato dell’olio alimentare – ha continuato Zavaglia – i prodotti di una vasta gamma di categorie, dalle salse da cucina ai prodotti da forno e dolciumi, includono infatti l’olio come ingrediente: basti pensare che il 20% dei prodotti alimentari e bevande lanciati nel 2021 contiene olio di girasole, utilizzato in tante categorie di cibi preparati, precotti, conservati o surgelati”.
Se nel corso dell’emergenza Covid si è assistito ad un accresciuto interesse per la sostenibilità ambientale e modelli sani di consumo, oggi il conflitto ci pone di fronte alla necessità di autoprodurre di più e di avere catene di approvvigionamento più corte e diversificate.
Un modo per soddisfare entrambe queste esigenze è quello di valorizzare le eccellenze italiane dell’agroalimentare nel segno della qualità, della trasparenza, della sicurezza, della certezza dell’origine, come fa Cereal Docks grazie al marchio ALIMENTO ITALIA®.
I prodotti con il marchio ALIMENTO ITALIA® di Cereal Docks sono sugli scaffali dei supermercati e danno ai clienti la possibilità di sapere tutto sulla loro origine. ALIMENTO ITALIA® garantisce la genuinità delle materie prime o degli ingredienti utilizzati e la certezza sulla loro provenienza: da semi italiani, non OGM con origine certificata, provenienti da coltivazioni sostenibili e socialmente eque.
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