In una recente intervista pubblicata dal settimanale Terra e Vita, Enrico Zavaglia vicepresidente di Assitol e Trading Manager Oilseed Dept di Cereal Docks analizza le prospettive delle colture legate ai semi oleosi, in particolare soia e colza, per l’implementazione della filiera dei biocarburanti, auspicando che possano entrare a far parte del mix di energie da fonti rinnovabili che sarà inserito nel prossimo Piano Energia e Clima.
La coltivazione della colza offre innanzi tutto opportunità dal punto di vista agronomico, che il cambiamento climatico e gli impegni in termini di sostenibilità delle pratiche agricole hanno evidenziato. Si tratta di un aspetto molto importante per gli agricoltori, che possono contare innanzitutto su un’ottima coltura da rotazione perché alternata alla soia o ad altri cereali è in grado di migliorare naturalmente la struttura del terreno grazie ai suoi residui colturali capaci di arricchire il terreno e combattere l’erosione del suolo. L’adozione della colza prepara la terra per altre coltivazioni cerealicole in secondo raccolto, ad esempio alla rotazione con la soia, di cui l’Italia è il primo produttore in Europa. In generale, la rotazione con i cereali ha anche effetti positivi in termini di sostenibilità, perché favorisce la “cattura” di CO2.
Essendo una pianta da semina autunnale, la colza permette inoltre la copertura invernale del suolo, secondo i principi dell’agricoltura conservativa. Negli ultimi anni le superfici coltivate a colza si sono attestate sui 13mila ettari, ma c’è spazio per fare di più.
Insieme ad altre colture oleaginose, la colza è stata considerata strategica per l’implementazione della filiera dei biocarburanti in Italia per la produzione di energia rinnovabile. In particolare, la colza è un prodotto molto importante per l’ambito bioenergetico: dai semi oleosi si ricavano infatti oli che, se in eccesso rispetto alle produzioni alimentari di prima destinazione, sono reimpiegati per produrre energia elettrica e termica. In questo campo l’Italia ha saputo costruire un suo percorso energetico grazie agli OVP, gli Oli Vegetali Puri, che deve essere rafforzato e valorizzato. A differenza di altre rinnovabili, gli Oli Vegetali Puri forniscono un’energia flessibile e programmabile, proprio quello che non riescono a offrire eolico e fotovoltaico. Inoltre, rappresentano un modello di economia circolare in cui ogni segmento lavora in sinergia con l’altro, in un’ottica di risparmio e di riutilizzo, rispettando il principio del “food first”.
Il dato certo è che l’interesse degli agricoltori in tutto il mondo per questa coltura è cresciuto, soprattutto per la possibilità che offre di coniugare le qualità agronomiche con quelle energetiche aprendo nuove opportunità di business per la filiera dei semi oleosi. Un vantaggio che potrebbe portare a valorizzare tutti i segmenti della produzione degli oli da semi, dal campo all’industria fino agli operatori energetici, combattendo il deficit proteico, vale a dire l’insufficiente produzione di proteine vegetali, di cui l’Europa soffre da tempo, e promuovendo un’agricoltura capace di recuperare terreni marginali e contribuire alla fertilità al suolo.