“La produzione italiana di soia e di altre materie prime di origine agricola ha visto negli ultimi anni un aumento significativo anche se non sufficiente a coprire il deficit strutturale rispetto ai fabbisogni nazionali. Una situazione che ha storicamente caratterizzato il nostro Paese e che, nonostante i progressi in termini produttivi, potrebbe essere destinata ad aggravarsi”.
A parlare è Enrico Zavaglia, Trading Manager Oil seed Dept, analizzando gli ultimi dati del settore cerealicolo durante il Forum cereali e colture industriali, organizzato da Anb e Nomisma e tracciando uno scenario sul futuro del settore.
I dati italiani
Il progresso degli ultimi anni sul fronte produttivo è evidente osservando i dati: nel 2008/2009 la soia nazionale copriva il fabbisogno italiano per il 19%, con l’annata 2018/2019 questa quota è salita al 36%. Anche la farina di soia ha visto una crescita importante, passando dal 37% al 46%. Anche considerando le colture oleaginose il tasso di autoapprovvigionamento risulta in crescita: il girasole negli stessi anni è passato dal 43% al 57% e ancora maggiore è l’incremento della colza, che passa dal 30% del 2008/09 al 51% del 2018/19. Nonostante i progressi, il Paese resta però fortemente dipendente dalle importazioni, che oggi coprono complessivamente circa il 50% del fabbisogno di materie prime agricole.
Il settore zootecnico
Una situazione che, secondo le elaborazioni effettuate da Nomisma, dipende anche dall’incremento di domanda del settore zootecnico. Dalle analisi di Nomisma emerge come, tra il 2014 e il 2019, la produzione italiana di mangimi composti sia aumentata del 4%, a 14,7 milioni di tonnellate. Una dinamica influenzata soprattutto dagli allevamenti avicoli, cresciuti in 10 anni del 10%. Contemporaneamente, il patrimonio suinicolo è sceso del 7% e quello bovino del 2%, considerando sia la destinazione produttiva a latte che a carne.
Il mercato globale dei semi di soia
Zavaglia ha poi allargato l’orizzonte, analizzando le dinamiche della produzione mondiale di semi di soia. Nel 2019/2020 la produzione di semi di soia è stata pari a 337,5 milioni di tonnellate, superiore del 23% rispetto alle 275 milioni di tonnellate del 2010. Nell’ultimo decennio il principale produttore mondiale è diventato il Brasile: la produzione brasiliana è cresciuta dalle 81 milioni di tonnellate del 2010 alle 124 milioni di tonnellate del 2020. Una crescita imponente, che ha permesso al Brasile di superare gli Stati Uniti, per anni il principale produttore mondiale di semi di soia, che, nello stesso periodo, è passato da 91 milioni di tonnellate a 96,68 milioni di tonnellate (+6,1%).
“Secondo le nostre stime – ha proseguito – nel corso della prossima annata produttiva, tutti i principali Paesi produttori punteranno ad incrementare la propria produzione. Il Brasile punterà a raggiungere la quota di 131 milioni di tonnellate, partendo dalle 124 di oggi, e anche Paesi come l’Argentina sono intenzionati a portare la produzione da 50 a 53,5 milioni di tonnellate”.
Scenari strategici
In conclusione, Zavaglia ha segnalato come la produzione sia concentrata nel continente americano e in particolare nel Sud America. “Questo fatto, insieme al forte deficit di materie prime alimentari che contraddistingue il nostro Paese, deve porre segnali di attenzione. La pandemia di Covid-19, che a causa di problemi logistici e dei blocchi delle partenze delle navi dai porti sudamericani ha fatto esplodere nelle settimane di lockdown i prezzi dei semi proteici, ci insegna come un’eccessiva dipendenza dalle importazioni può essere molto rischiosa, soprattutto se abbinata ad una logica di “just in time” e di scorte basse”.